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14 marzo 2018

Legislatura che va, legislatura che viene: cosa è stato fatto contro la corruzione negli ultimi 5 anni?

L'Italia è migliorata di 18 posizioni nella classifica mondiale della corruzione, anche grazie allo stimolo della società civile

Lettura 11 min • Inizia la discussione
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lotta alla corruzione scorsa legislatura

Con le elezioni del 4 marzo sono cambiate tante carte in tavola. Il Parlamento che si insedierà nei prossimi giorni sarà sostanzialmente diverso da quello degli ultimi cinque anni e le forze in campo dovranno riuscire a portare avanti ciò che è stato seminato nei governi di Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni.

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Dopo la nostra campagna Candidati Trasparenti [petizione nel box a fianco] a cui hanno aderito centinaia di candidati, 113 dei quali sono stati eletti deputati e senatori - ci aspettiamo che l’impegno anticorruzione dei parlamentari con braccialetto bianco (questo il simbolo dell’iniziativa) sia da traino per chi non ha risposto all’appello. Qui tutti i numeri delle adesioni.
Nel frattempo, facciamo un bilancio della legislatura che si è appena conclusa.

Come ha sottolineato anche Transparency International nel suo Corruption Perception Index (CPI), ci sono stati molti passi avanti in questi anni, che hanno portato l’Italia dal 72esimo al 54esimo posto nel mondo per corruzione percepita. Questo scatto di 18 posizioni è stato possibile anche grazie alle battaglie delle organizzazioni della società civile come Riparte il futuro, che - proprio in collaborazione con la stessa Transparency Italia - hanno portato all’approvazione del FOIA e della norma sul whistleblowing. Ovviamente è stato determinante l’apporto di parlamentari e politici disponibili a fare di queste nostre richieste la loro battaglia. È da questa eredità positiva che bisogna ripartire.
Nonostante i progressi, infatti, l’Italia resta 25esima tra i 31 stati europei analizzati, con un indice di molto inferiore alla media. È proprio per raggiungere (e magari oltrepassare) questa media che Riparte il futuro si batte ogni giorno.

Le #vocidigiustizia camminano con noi

A novembre del 2017 siamo riusciti a far approvare la legge sul whistleblowing, ottenendo tutela per chi denuncia corruzione e illegalità sul posto di lavoro. L’obiettivo è non lasciare da soli ad affrontare mobbing e ritorsioni tutti quei lavoratori che si trovano costretti ad assistere a reati e malagestione e, anzi, fornire loro tutti gli strumenti perché le denunce possano avvenire in sicurezza e in piena tutela dei diritti. Purtroppo infatti è accaduto di frequente che fossero in primis i whistleblower a dover pagare un prezzo molto elevato per le proprie denunce, come è capitato a persone coraggiose tra cui Vito Sabato e Simone Farina. Continuiamo a vigilare sull’applicazione della legge, che non è esente da lacune e cavilli.

Abbiamo consegnato le vostre firme al presidente del Senato Pietro Grasso affinché sia calendarizzata la legge a tutela di chi denuncia la corruzione!

Pubblicato da Riparte il futuro su Giovedì 14 settembre 2017

Finalmente una legge sui testimoni di giustizia

Ce l’aveva spiegato bene Ignazio Cutrò, presidente dell'Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia, questa legge doveva arrivare. E per fortuna il Parlamento è riuscito ad approvarla in extremis, agli sgoccioli della legislatura. Con un rush finale, il Senato ha siglato una distinzione doverosa tra lo status di “testimone” e quello di “collaboratore di giustizia”, due condizioni molto diverse sia per la motivazione che spinge alla denuncia sia per il genere di protezione e accompagnamento richiesto. In questo caso, la legge precedente equiparava di fatto le due posizioni e non garantiva la possibilità per i testimoni di giustizia di godere di tutta la protezione possibile nella terra di provenienza. Molti di loro sono stati costretti a lasciare la propria casa, la propria città, per trapiantarsi altrove sotto copertura e avere così la garanzia di non subire vendette da parte della criminalità organizzata. Nella nuova legge sono state inserite nuove misure di sorveglianza, tutela fisica ed economica nel luogo di origine degli interessati, che viene privilegiato rispetto al cambio di identità e residenza. Inoltre, è prevista anche la nomina di un referente per il testimone di giustizia, in modo da rendere più semplice e diretto il rapporto con le Istituzioni.

Il nuovo Codice Antimafia 

Ha creato molto scontro la riforma del Codice Antimafia, criticato in particolare da Confindustria e dalla categoria che si reputa penalizzate dalla riforma, ovvero gli imprenditori. Il centro della disputa è l’introduzione nel Codice del sequestro di prevenzione e l’equiparazione della corruzione alla criminalità (anche se, a onor del vero, spesso le due cose vanno di pari passo). Lo stesso Raffaele Cantone dell’ANAC ha espresso delle perplessità, ma si è detto convinto che fosse necessario approvare queste misure e cercare così di mettere in scacco il più possibile l’abbraccio mortale tra criminalità ed economia. Come ci hanno spiegato Davide Mattiello (tra gli onorevoli firmatari) e l’Avvocato Antonio Matonti, direttore degli affari legislativi di Confindustria, ci sono tanti aspetti da considerare, ma possiamo dire che con questo Codice si va sempre più verso la strada indicata da Falcone, “segui i soldi e troverai i colpevoli”. 

Mini passo avanti sulla prescrizione

Purtroppo, nonostante le oltre 100mila firme raccolte, la nostra richiesta di riforma della prescrizione non è stata ascoltata: quello approvato alla Camera a giugno 2017 è un compromesso al ribasso che dimostra la mancata volontà di affrontare seriamente un tema scomodo. Per il momento siamo riusciti ad ottenere un prolungamento del 50% del tempo necessario a far scattare la prescrizione in alcuni casi di corruzione, ma rimangono scoperte alcune aree fondamentali, come il traffico di influenze illecite, l’abuso d’ufficio e la turbativa d’asta. Si tratta di piccoli passi, ma non molliamo. 

Trasparenza per tutti, l’introduzione del FOIA

Grazie all’approvazione del Decreto Trasparenza, approvato dal consiglio dei ministri il 16 maggio del 2016, l’accesso alle informazioni della Pubblica amministrazione è finalmente riconosciuto anche in Italia come diritto per tutti i cittadini, in linea con quanto avviene in oltre 90 Paesi al mondo. Il testo non è perfetto e ci sono tanti aspetti che vorremmo ancora veder sistemati, come l’abbondanza delle eccezioni previste (per noi la trasparenza è tale solo se garantisce davvero accesso a tutto e a tutti), la mancanza di sanzioni e la vaghezza delle linee guida che l’Autorità nazionale anticorruzione ha reso pubbliche poco prima della messa in vigore del dicembre 2016. Non vogliamo che questo diventi un alibi per le istituzioni per non applicare davvero la misura, perciò continueremo a vigilare, dando seguito al lavoro della rete Foia4Italy, che ha raccolto oltre 88mila firme. A un anno dall’approvazione abbiamo verificato l’applicazione della norma in questo report.  

Approvato il Codice Appalti

Ad aprile 2016 è entrato in vigore il nuovo Codice dei contratti pubblici, che ha sostituito quello del 2006. Non può esistere infatti una efficace lotta alla corruzione in Italia senza una regolamentazione precisa degli appalti, dove girano grossi capitali e quindi grossi interessi (leggasi tangenti). Il nuovo regolamento disciplina tutte le procedure e gli schemi per la redazione e la pubblicazione dei programmi triennali per i lavori pubblici, per le forniture e i servizi e i relativi elenchi e aggiornamenti annuali. 

Il ddl Grasso

Nel maggio 2015 è stato approvato il ddl che porta il nome dell’ex presidente del Senato Pietro Grasso, un pacchetto di riforme che non potevano più aspettare ma che dovranno essere completate. Con esso finalmente torna a essere perseguibile penalmente il falso in bilancio senza prevedere soglie e con la procedibilità d'ufficio.

Importante anche il potenziamento dell'Autorità nazionale anticorruzione all'insegna della trasparenza e degli scambi di informazioni con la magistratura, che vanno a migliorare le sue azioni di controllo. Inoltre è previsto l'aumento delle pene per i delitti di corruzione e criminalità organizzata che può indirizzare il legislatore a inasprire, mantenendo una giusta proporzione, anche quelle previste per il 416 ter, il voto di scambio politico mafioso.

Purtroppo lo spinoso tema della riforma della prescrizione è rimasto fuori dal pacchetto.

Passi avanti sullo scambio politico mafioso

Nel 2014 con circa 500.000 firme raccolte, abbiamo ottenuto la riforma della legge sul voto di scambio politico-mafioso. Così com’era formulato, l'articolo 416 ter del Codice Penale risultava inapplicato e inutilizzabile per perseguire quei politici che si accordano con le mafie ma grazie all’azione di Riparte il futuro e all’impegno dei parlamentari col braccialetto bianco, il testo è stato modificato. Nel dettaglio è stato introdotto il concetto di “altra utilità” tra le ragioni dell’accordo. Si tratta di un primo passo per punire più efficacemente il reato, già previsto dal 1992 e tuttora tristemente attuale in Italia.

La legge Severino e l’istituzione dell’ANAC

Il percorso di riforma era iniziato con la Legge Severino, approvata al termine del governo di Mario Monti, che - pur con i tanti limiti - recepisce varie indicazioni sulla lotta alla corruzione a livello internazionale e intende combattere il dilagare del fenomeno in Italia. In primo luogo, la 190/2012 ha il merito di aver istituito l’ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, presieduta da Raffaele Cantone. Un organismo che ha rappresentato un importante passo avanti, soprattutto per l’immagine di garanzia che assunto agli occhi delle Istituzioni internazionali.

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